RIGIDITA’ DEL GOMITO

Sarà capitato di osservare qualcuno che ha avuto difficoltà a mangiare oppure a guidare o semplicemente a vestirsi. Magari, se facciamo un po’ più di attenzione, ci accorgiamo che quella data difficoltà può dipendere da una diminuita articolarità del gomito. Infatti quella del gomito è un articolazione molto importante poiché interviene in più di una delle nostre attività quotidiane.

Se poniamo la giusta attenzione, ci accorgiamo che per portare il cibo alla bocca occorre che il gomito si pieghi abbastanza per consentire alla mano di avvicinarsi.

Ebbene vi sono molte patologie che riducono tale articolarità fino a farla scomparire con gradi variabili:

• lieve • moderato • severo • grave fino al blocco articolare.

Il gomito congiunge il braccio all’avambraccio e appartiene all’arto superiore.

Anche se è studiata come un’articolazione semplice, tra braccio e avambraccio, in realtà essa è composta di ben tre elementi anatomici: omero, ulna e radio tutti uniti da una propria articolazione.

I movimenti del gomito sono fondamentalmente di due tipi:

1- Flessione – Estensione: flessione del gomito fino a 145° e all’estensione fino a 0°.

2- Pronazione – Supinazione: pronazione è quello che consente di ruotare il palmo della mano in modo da mostrarne il dorso mentre quello di supinazione, al contrario, mostra il palmo della mano.

Il ROM varia da 90° (pronazione) a 90° (supinazione). Nella la vita quotidiana, tuttavia, può essere sufficiente un ROM che va dai 130° in flessione ai 30° in estensione e di 50°-50° in prono-supinazione.

Le cause della riduzione della articolarità del gomito

La rigidità del gomito può essere suddivisa in: a) Congenita b) Acquisita.

In base all’origine anatomica sono classificate:

Origine intrinseca – dovuta a cause che sono all’interno dell’articolazione e che originano da alterazione delle superfici articolari e dell’osso sottostante; può essere primaria di origine genetica predisponente e non è infrequente osservarla in più soggetti appartenenti alla medesima famiglia; secondaria di origine autoimmunitaria, infettiva e postraumatica.

Origine estrinseca – da cause che sono all’esterno dell’articolazione e che la circondano come la capsula, i legamenti, i muscoli e i tendini. Sono tutti quei casi in cui non sono coinvolte le superfici articolari. Fanno parte di questo gruppo anche le cause meno frequenti come le ossificazioni eterotopiche. Infatti, i tessuti periarticolari mostrano una tendenza a sviluppare ossificazioni rispetto ad altri. Infine quelle che interessano la cute quale esito cicatriziale e/o da ustioni e quelle da cause neurologiche:

Origine mista – quando sono entrambe le forme a essere la causa di gomito rigido.

FATTORI DI RISCHIO DI GOMITO RIGIDO

Una delle cause più comuni di rigidità del gomito sono le lesioni che si producono a seguito di un trauma. Il rischio è legato non solo al tipo e all’entità del trauma subito ma anche dall’effetto che questo produce sulla cartilagine. Pur essendo molto comune dopo energici traumi al gomito, di solito però migliora nel tempo.

Vi sono fattori che influenzano l’instaurarsi di una rigidità: Prolungata immobilizzazione – un’immobilizzazione del gomito che va oltre i tempi prestabiliti predispone a un più alto rischio di sviluppare una rigidità. Una sovrapposizione infettiva – qualsiasi danno subito al gomito che si complica con lo sviluppo di un’infezione è a maggior rischio di rigidità. Predisposizione biologica congenita Predisposizione psico-sociale

DIAGNOSI

La storia anamnestica completa deve essere quanto più meticolosa possibile e dovrebbe includere l’inizio, la durata, il carattere e la progressione dei sintomi. E’ essenziale ricercare eventuali traumi pregressi con relativa diagnosi formulata; patologie concomitanti come l’emofilia con emartrosi derivanti o condizioni neurologiche che coinvolgono spasticità; trattamenti effettuati, chirurgici e non, ed eventuali complicazioni; decorso storico della rigidità.

Si passa quindi all’esame obiettivo e le indagini strumentali che sono:

• Radiologia Standard, • Tomografia Computerizzata (TC con ricostruzione 3D) • Risonanza Magnetica

Questi esami diagnostici sono in grado di fornire informazioni riguardo allo stato articolare, eventuale presenza di complicazioni dei tessuti intra ed extrarticolari, presenza di mezzi di sintesi e/o protesici.

SINTOMATOLOGIA

Una delle caratteristiche più evidenti di una patologica rigidità del gomito è la difficoltà funzionale. Il paziente si rivolge al medico per lo più a causa di alcune difficoltà che riscontra nella vita quotidiana come: aprire la porta, vestirsi, mangiare, ecc.. Queste difficoltà sono dovute proprio alla riduzione nella flesso-estensione del gomito e alla riduzione della rotazione dell’avambraccio. Particolarmente interessante costatare che il dolore è per lo più assente e quando presente è importante valutarne le caratteristiche.

TERAPIA

Non tutte le rigidità richiedono il trattamento chirurgico ma solo quelle che sono incompatibili con una funzione tale da consentire una certa vivibilità al paziente. Questo significa che lo specialista deve saper valutare bene alcuni parametri che sono: dolore e funzione. Gradi di flesso-estensione e prono-supinazione accettabili sono, come si è già detto, quelle comprese rispettivamente tra i 30˚-130˚ gradi e 100 di rotazione. Finalità dell’atto terapeutico è di consentire il recupero funzionale ed eliminare il dolore. Il trattamento incruento può essere adottato in tutti quei casi ove sussiste una buona articolarità, assenza di ossificazioni eterotopiche e minima rigidità. L’uso di Tutore articolato, con criteri di utilizzo particolari e codificati, rappresenta un valido sistema associato a una Fisioterapia, non troppo aggressiva, eseguita con esercizi passivi e attivi estremamente calibrati. Non va trascurata la terapia Farmacologica adeguata e finalizzata a una migliore accettazione